Introduzione
Fra i torbati di Islay, Lagavulin incarna l’idea di eleganza affumicata: profondità marina, fumo vellutato, una dolcezza scura che emerge con il tempo. La sua reputazione nasce da due secoli di storia e da una bottiglia-simbolo – il 16 anni – che ha definito per molti cosa debba essere un Islay maturo e avvolgente. È un nome che parla a neofiti e appassionati in egual misura: classico e, insieme, pop, grazie a una consacrazione culturale che ha superato la nicchia e ha trasformato Lagavulin in riferimento immediato quando si pensa a “whisky affumicato”.
Le origini (1816–1900)
La data “ufficiale” è 1816: il farmer John Johnston avvia la prima distilleria legale nella baia di Lagavulin; l’anno dopo Archibald Campbell Brooks ne apre una seconda accanto. Nel giro di pochi decenni le attività vengono assorbite in un’unica distilleria nell’ansa protetta sotto i ruderi del castello di Dunyvaig. La posizione è perfetta: accesso al mare per spedire i barili, torba in abbondanza, acqua e clima che firmano lo stile dell’isola. A fine Ottocento entra in scena la famiglia Mackie (White Horse), che consolida Lagavulin nel circuito dei grandi blend e, più avanti, nel mito del single malt.
Un capitolo a parte è la storia di Malt Mill: piccola distilleria costruita nel 1908 all’interno del sito di Lagavulin dopo il burrascoso divorzio commerciale con Laphroaig. L’idea – mai davvero riuscita – era replicarne lo stile; Malt Mill operò fino ai primi anni ’60 e poi venne inglobata in Lagavulin, alimentando i blend dell’epoca e diventando leggenda tra le lost distilleries. È un tassello che racconta quanto fosse competitivo – e creativo – il microcosmo della costa sud di Islay.
Tra difficoltà e continuità (1900–1990)
Il Novecento alterna fasi floride all’inevitabile serie di strettoie: guerre, proibizionismo, contrazioni della domanda. Lagavulin però non scompare mai: cambia assetti proprietari più volte, si adatta a una filiera industriale sempre più ampia e termina nell’orbita che diventerà Diageo. La continuità produttiva – pur con rallentamenti e riduzioni – è uno dei motivi per cui, negli anni ’90, il 16 anni esploderà come classico globale: c’era un DNA riconoscibile su cui costruire un’identità moderna.
La consacrazione moderna (anni ’90–2000)
Con la “Single Malt Revolution” Lagavulin smette di essere solo “componente da blend” e diventa nome in etichetta per il grande pubblico. L’ingresso nella storica Classic Malts Selection lo mette sotto i riflettori e il Lagavulin 16 diventa la bottiglia riferimento di intere generazioni: non l’affumicato che colpisce con la frusta, ma quello che seduce con il tempo. Qui la torba si fa velluto, si stratifica con legno e ossidazione, accoglie note di frutta secca e cacao, conserva l’aria di marea, e costruisce un finale lungo, salino, coerente. È così che Lagavulin conquista lo status di “classico vivente”.
Produzione e stile
Il carattere Lagavulin nasce dall’incontro di torba, lentezza e mare, orchestrati con coerenza.
Acqua, malto, torba. L’acqua di processo arriva dalle sorgenti dei Lochan Sholum dopo aver attraversato torbiere; il malto proviene dalle Port Ellen Maltings con specifiche intorno ai mid-30s PPM (circa 35 PPM). Questa cifra dice che la base è affumicata in modo deciso, ma non spiega da sola lo stile: lo fanno fermentazione, tagli e soprattutto la conduzione della distillazione.
Fermentazioni & distillazione lenta. Lagavulin è celebre per una delle distillazioni più lente di Islay: circa 5 ore la prima cotta e oltre 9 ore la seconda. Gli alambicchi con lyne arms discendenti, i riempimenti “alti” e un cut ampio favoriscono uno spirito oleoso e strutturato, con spalle larghe per sopportare maturazioni importanti. Questo approccio, più “paziente” che aggressivo, è la chiave della sua tessitura al palato.
Profilo organolettico. Nel bicchiere Lagavulin parla con fumo profondo, iodio e aria di marea; porta una dolcezza scura di miele, toffee, richiami di frutta secca e cacao, a volte una vena balsamica che rinfresca il finale. La torba non aggredisce: persiste, si allunga, rimane fine. È l’equilibrio tra potenza e misura a renderlo un unicum.
Il core range
Lagavulin 8 – Nato per il bicentenario e poi entrato stabilmente in gamma. È il lato snello e teso della casa: fumo diritto, limone/pepe, spray salino. Mostra un Lagavulin più vibrante, lineare, con finale pulito e nervoso.
Lagavulin 16 – L’icona. Torba vellutata, iodio, caramello di rovere e frutta secca; bocca oleosa e lunghissima con cenere fine e un’eco di cacao amaro. Resta la sintesi perfetta del “tempo del fumo”.
Distiller’s Edition (PX) – Doppia maturazione in Pedro Ximénez: sul fumo si cuce una dolcezza di uvetta/toffee/cioccolato che arrotonda senza snaturare la vena marina. È la porta d’ingresso più morbida, utile per leggere Lagavulin in chiave più “gourmand”.
Consacrazione culturale e mito moderno
Lagavulin entra nella cultura pop con Parks and Recreation: Ron Swanson (Nick Offerman) compie un vero pellegrinaggio fino a Islay per visitare la distilleria, in una scena che diventa iconica (c’è anche l’inossidabile Iain “Pinky” McArthur nella warehouse). È un momento chiave perché racconta Lagavulin come destinazione, non solo come etichetta. Poi arrivano i contenuti extra-serie, come il “Yule Log” con Offerman al camino che sorseggia Lagavulin: una trovata diventata virale, che ha portato il nome della distilleria fuori dalla bolla degli appassionati.
Il passo successivo è in bottiglia: le Offerman Edition (11 anni). Dalla prima uscita alle iterazioni successive (finiture differenti, collaborazione creativa), la serie ha allargato il pubblico senza smontare l’identità torbata. È un ponte tra fandom, cultura pop e prodotto che ha contribuito a rendere Lagavulin una delle distillerie più riconoscibili nell’immaginario mainstream del whisky affumicato.
Filosofia delle botti
La spina dorsale è ex-bourbon ed ex-sherry. L’idea non è stupire con mille legni, ma affinare col tempo: il 16 come standard incarna proprio questo linguaggio. La Distiller’s Edition è l’eccezione progettata: PX per cucire sul fumo una dolcezza scura, mai stucchevole, mantenendo in primo piano il mare di Islay. Lagavulin non cerca il colpo di scena: preferisce coerenza e profondità, partiture lunghe che elevano la torba.
Release speciali e mercato (aggiornato al 2025)
Il calendario di Lagavulin – come per tutte le distillerie di Islay – ruota ogni anno attorno a tre cardini: Diageo Special Releases, Islay Jazz Festival e Fèis Ìle. Sono rilasci che contano, tanto per gli appassionati quanto per la percezione del marchio.
Lagavulin 12 Cask Strength – Diageo Special Releases 2024. Edizione “Fireside Tales” a grado pieno: ritorno a un profilo essenziale (first-fill ex-bourbon e refill casks) che mette in primo piano la torba nuda, il dettaglio salino, la presa marina. È la Lagavulin “dei puristi”, quella che molti bevono come metro di paragone annuale.
Islay Jazz Festival. Nel 2024 Lagavulin ha firmato un 14 anni con finitura in Cabernet Sauvignon sudafricano (tiratura limitata, distillery/online exclusive): una “cartolina” jazz in chiave più rossa e fruttata, che incornicia il fumo tradizionale. Nel 2025 l’assetto del festival evolve, con un focus più marcato su altre realtà isolane; Lagavulin resta comunque venue e protagonista di degustazioni e attività dedicate. Per i fan il Jazz rimane un momento chiave dell’anno, spesso legato a un rilascio specifico.
Fèis Ìle. Nel 2024 la distilleria ha proposto un 10 anni extra-heavily peated, emerso da prototipi condivisi al festival precedente. Nel 2025 l’etichetta ufficiale è un 15 anni con finish Moscatel de Málaga e grado 55,7%: una via più dolce-salina che gioca con la firma marina e la torba classica della casa, in tiratura limitata fra distilleria e canali ufficiali online. Le Fèis edizioni sono le “cartoline” annuali di Islay: tutte le distillerie partecipano, e negli anni hanno costruito un linguaggio condiviso di festa, sperimentazione e appartenenza.
Mercato secondario, oggi. Sulle speciali Lagavulin il secondario resta vivace ma non isterico: tutto dipende dall’edizione, dal canale e dalla tiratura. Sul 16, il tema non è la speculazione ma i rincari di listino e qualche irregolarità di disponibilità: segnali di una premiumizzazione generale più che di una corsa alle aste. Per i fan, il cuore rimane lo stesso: Lagavulin è un whisky da bere, non un feticcio da custodire.
Oggi e domani
Oggi Lagavulin è un pilastro del portafoglio Diageo: distilleria visitatissima, ruolo chiave fra i torbati “classici”, community globale nutrita dall’icona 16 e da speciali ben calibrate. La sfida è presidiare identità e coerenza (tempo, profondità, mare) continuando a offrire porte d’ingresso (8, Distiller’s Edition) e uscite laterali controllate (12 Cask Strength, Fèis Ìle, Jazz). In altre parole: crescere senza perdere la misura che l’ha resa grande.
Lagavulin, il tempo del fumo
Lagavulin è un invito a lasciare che il fumo maturi: nell’8 è nervo marino; nel 16 si fa velluto; nella Distiller’s Edition incontra un’ombra di PX che allunga il passo. È un classico vivo, in cui la torba non aggredisce: persiste, si fa profonda, ritorna — come l’onda nella baia sotto Dunyvaig. È il whisky che insegna a non avere fretta: ogni sorso è una pagina che si volta lentamente.
